Con 19 voti contro 6, la Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale ha adottato a larga maggioranza una mozione che chiede al Consiglio federale di rinunciare al divieto delle adozioni internazionali. Una decisione che saluto con grande soddisfazione perché segna un primo passo concreto verso il ripristino del rispetto per le famiglie adottive e del buon senso. Il segnale lanciato dalla Commissione è forte e chiaro: vietare in modo assoluto le adozioni internazionali non è la via da percorrere. Ed è grazie anche alla prontezza del Partito liberale radicale – che ha reagito subito e con fermezza a livello nazionale, con in prima fila il collega Simone Gianini – che oggi possiamo registrare questo risultato. Fin dal primo momento abbiamo denunciato l’errore di fondo commesso dal consigliere federale Beat Jans: trasformare un problema reale – quello degli abusi in passato – in un divieto generalizzato che colpevolizza le famiglie adottive e crea insicurezza, è profondamente sbagliato e ingiusto.
Le adozioni internazionali sono percorsi complessi, delicati e profondamente umani. Famiglie che scelgono di adottare un bambino lo fanno per amore e con grande senso di responsabilità. Gettare un’ombra di sospetto su queste famiglie, come se fossero parte del problema e non della soluzione, è inaccettabile. E lo è ancor più se a farlo è lo Stato, che dovrebbe accompagnare questi percorsi con rigore, certo, ma anche con fiducia, umanità e chiarezza. La decisione annunciata dal Consiglio federale a fine gennaio – porre in consultazione un progetto di legge che vieti le adozioni internazionali entro il 2026 – ha generato un clima di incertezza e preoccupazione tra le famiglie e gli operatori del settore. Di fatto, ha già innescato una moratoria non dichiarata, che lascia sospese per anni persone che stanno cercando di costruire un futuro insieme a un figlio adottivo. Questo è ingiusto per loro e per i bambini in attesa di una famiglia. La mozione commissionale chiede tre cose semplici e ragionevoli: rivedere immediatamente la decisione di principio sul divieto, mantenere la possibilità di adozione internazionale in Svizzera, e rafforzare i controlli per garantire procedure etiche e trasparenti. Non si tratta di negare le difficoltà del passato, ma di affrontarle con strumenti migliori, non con la semplice rinuncia.
Alex Farinelli, Consigliere nazionale, LaRegione, 15 aprile 2025